
È inaccettabile che, all’alba del 2025, il self check-in sia ancora bloccato da regole obsolete.
Mentre il resto del mondo abbraccia la digitalizzazione per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi, il settore dell’ospitalità in Italia resta paralizzato da una burocrazia anacronistica, che rallenta l’innovazione e penalizza operatori e clienti.
Non esiste alcuna giustificazione logica per normative che creano solo disservizi e inefficienze. Queste regole non tutelano la sicurezza, ma anzi ostacolano il progresso e riducono la competitività internazionale del settore turistico italiano. Le strutture ricettive, che hanno già investito in soluzioni tecnologiche per automatizzare il check-in, si vedono costrette a rinunciare a strumenti moderni, mentre i clienti, sempre più abituati a servizi digitalizzati e immediati, si trovano di fronte a un’esperienza arretrata e frustrante.
Il self check-in non è un lusso, è uno standard internazionale. Sistemi informatici avanzati consentono alle strutture di gestire in sicurezza l’identificazione dei clienti, garantendo la trasmissione immediata e conforme dei dati alle autorità competenti. Tuttavia, secondo il Ministero dell’Interno, l’obbligo di identificazione previsto dall’art. 109 TULPS sarebbe soddisfatto solo attraverso una verifica fisica in presenza, giustificata da “preminenti esigenze di pubblica sicurezza”. Tale posizione è stata recentemente riaffermata in vista del Giubileo 2025 a Roma, ma appare priva di riscontro nel testo normativo e palesemente superata dalle tecnologie disponibili.
Viviamo in un’epoca in cui contratti, documenti ufficiali e persino identità personali possono essere verificati digitalmente con standard di sicurezza elevatissimi. Imporre il riconoscimento fisico in presenza non solo è anacronistico, ma rappresenta un grave danno economico e gestionale. Le strutture ricettive, che hanno già adottato strumenti all’avanguardia, si trovano penalizzate da una normativa che ignora le loro esigenze e non tiene conto delle aspettative di un turismo moderno.
Altri settori dimostrano che la tecnologia è già una realtà sicura ed efficace. Basti pensare alla possibilità di aprire conti correnti o richiedere carte di credito semplicemente scansionando i documenti e verificando l’identità tramite un selfie. Questi sistemi, basati su software sofisticati, garantiscono la conformità alle normative di ogni Paese e offrono altissimi livelli di sicurezza.
Se tutto questo è accettato in ambiti altamente regolamentati come il settore bancario, perché non applicarlo anche all’ospitalità? Ignorare le potenzialità del riconoscimento digitale significa rifiutare il progresso e condannare il turismo italiano a un’inevitabile arretratezza. In un mercato globale sempre più competitivo, il nostro Paese non può permettersi di restare indietro.
Chiediamo al Ministero dell’Interno di rivedere con urgenza questa interpretazione restrittiva. È necessario eliminare le barriere normative che bloccano l’innovazione e consentire al settore dell’ospitalità di modernizzarsi, adottando soluzioni digitali sicure, efficienti e al passo con le aspettative del turismo internazionale.
Ha senso un self check-in bloccato dalle Questure?
La circostanza appare ancora più incomprensibile se la confrontiamo con quanto avviene negli aeroporti, e stiamo parlando di un contesto altamente critico per la sicurezza: perché negli aeroporti è accettabile la lettura ottica e digitale dei documenti, confrontata con il riconoscimento facciale, mentre questo metodo sembrerebbe non essere ammissibile per gli hotel? Quanti casi di cronaca hanno coinvolto voli aerei per la criminalità o il terrorismo e quanti invece hanno riguardato gli alberghi e le strutture ricettive private? Appare chiaro che si tratta di un comportamento schizofrenico ed insipegabile se non con il pensiero che dietro ci sia qualche interesse da difendere che non ha alcun legame con il progredire della digitalizzazione che in altri settori viaggia velocissima.
Ogni giorno perso è un danno per l’intero settore. Agire subito non è solo auspicabile, ma essenziale per la competitività e la crescita del turismo italiano.
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